25 novembre

 



Ci sono momenti in scrivere è fondamentale, in cui le parole sono troppe e devono uscire fuori perché devi dire la tua.

Però ci sono altri momenti in cui davvero vorrei non doverlo fare.
Vorrei non aver bisogno di scrivere niente per un momento del genere.
Vorrei non sentire il bisogno di parlare ancora una volta di quello in cui fermamente credo, perchè vorrei che le mie prossime parole fossero scontate e condivise da tutti.
Vorrei che non ci fosse bisogno di ricordare al mondo che la violenza di genere esiste, perché nessuno e dico nessuno dovrebbe negarla.
Vorrei davvero che il 25 novembre fosse un giorno come tanti e che queste situazioni sul quale riflettiamo in questo giorno non esistessero più, nella tanto emancipata società del 2020.
Eppure non è così.
Eppure ogni giorno il mondo ci dimostra quanto ancora si debba lottare anche solo per fare giustizia sulla nostra morte, per fare giustizia sulle violenze da noi subite, non solo quelle fisiche.
Abusi che vengono doppiamente vissuti perché la paura di non essere creduti è essa stessa un abuso. Omicidi e crimini compiuti nuovamente quando sui giornali si leggono titoli che minimizzano l’accaduto e giustificano il colpevole.
Tutto doppio, triplo, quadruplo.
Vorrei non dover sottolineare questo.
Vorrei che le persone che scrivono sui giornali si rendessero conto da soli che stanno violentando nuovamente la vittima, continuando a portare avanti la mentalità sbagliata che si trova alla base delle violenze.

Vorrei che le goliardate maschili fossero solo imbrattare i muri con un bomboletta e non violentare una ragazza per strada.
Vorrei davvero che la gente si rendesse conto del problema e non lo minimizzasse.
Per anni non si è parlato della violenza di genere, per anni è stata considerata una cosa normale, una cosa che avveniva tra le mura domestiche, ma della quale nessuno diceva nulla. Questo era un secolo fa. Un secolo fa sono molti, molti, anni.
I dati dicono che in Italia, 88 donne, ogni giorno subiscono violenza.
88 donne al giorno.
Moltiplichiamo tutto per 365.
32.120 donne subiscono violenza in un anno.
In un solo anno, in Italia. E questi solo con i dati raccolti dalle associazioni e dalla polizia perchè molta gente non dice nulla e non denuncia.
Adesso moltiplichiamo tutto per circa 50 anni, mezzo secolo, dal 1970 ad oggi.
Per quanto si stenti a credere la violenza di genere non è né un fenomeno antico e preistorico, né un fenomeno nato l’altro ieri, inventato dalle femministe che vogliono, a detta di alcuni, sopraffare il genere maschile
1.606.000 donne. 

Un milione, seicentoseimila donne.
In Italia.
Negli ultimi 50 anni.
Da questo calcolo molto approssimativo e rudimentale emerge un numero esorbitante per un paese che, parlando di dimensioni, è grande quanto una nocciolina rispetto al globo. 

Pensiamo nel mondo, quante donne sono vittima di violenza? Quante lo sono state? Per quante quella violenza è stata causa della loro morte?
E ora chiunque potrebbe dire “a me di quello che succede agli altri mi interessa solo relativamente, non mi sento coinvolto in alcun modo”.
Allora, se sei una ragazza, prova a pensare alla cosa che ti accomuna con la vittima di violenza genere. La prima cosa che ti verrà in mente è la più basilare di tutte: essere donna. 

Essere donna ci rende automaticamente soggetti a rischio, ci pone automaticamente in posizione di svantaggio, e siccome siamo inconsciamente consapevoli di questo, perchè ci viene inculcato dalla nascita, cerchiamo di porre una distanza tra noi e quello che accade ad altre donne.
Ci ostiniamo a non vedere che ci sono ancora altri mille passi da compiere prima dell’uguaglianza e del rispetto totale nei nostri confronti. Ci mettiamo le une contro le altre, pur di ignorare il fatto che non è prevalendo su noi stesse che cambieremo il sistema.
Dimentichiamo che isolarci è parte del problema e che lasciare isolata una persona è la stessa cosa. 

Non è colpa nostra, nessuno ci ha insegnato a rimanere unite, nessuno ci ha detto che le ragazze possono fare grandi cose, come combattere una battaglia insieme e cambiare veramente le cose. 

La storia ci è stata maestra, ci ha portato all’emancipazione e all'indipendenza sotto alcuni aspetti, ma la mentalità collettiva è rimasta indietro nel tempo, quando era accettato che l’uomo avesse il possesso di una donna come di un oggetto. 

Cambiare le cose non è facile.
Ricevere giustizia non è facile.
Riuscire a stare unite non è facile. 

Ma una cosa il genere maschile ce l’ha insegnata, le guerre e le battaglie non sono facili.
Si combattono con impegno e dedizione, credendo in quello per cui si combatte e facendo di tutto per non accettare compromessi che ci svantaggiano. 

Ma la battaglia non è contro gli uomini, è contro la società.
Una società che plasma il nostro pensiero quando ancora siamo già nella pancia della nostra mamma, perchè sotto sotto anche lei spera tu sia un maschio, così ti risparmieresti mille ingiustizie e sofferenze. Una società che si reputa al passo con i tempi, ma che ancora non contempla l’uguaglianza e il rispetto. 


Vorrei non aver bisogno di dire queste cose perchè vorrei fossero chiare nella testa di tutti.
Vorrei che questi numeri qua sopra facessero rabbrividire chiunque li legga e non rimanendo solo un numero, ma diventando persone e volti, simbolo di denuncia sociale. 

Vorrei che le donne vittime là fuori trovassero il coraggio di denunciare e lungo il loro percorso trovassero le istituzioni dalla loro parte, pronte a tutelarle ed accompagnarle verso la giustizia. 

Ma non esiste un mondo che segue il corso delle frasi ipotetiche.
Esiste però un mondo nel quale noi abbiamo una voce per gridare i nostri vorrei, un cervello per riflettere su quello che accade e degli occhi per vedere criticamente i fatti. 


Non deve cambiare tutto domani, ma le cose non possono rimanere come sono.
Confido nella nostra generazione, confido nelle testimonianze e nel coraggio delle donne che da vittime sono diventate attiviste, confido in coloro che spendono anche solo una piccola parte del loro tempo per riflettere su questo problema, sulla piaga della violenza di genere.

Magari da soli non si può cambiare il mondo, ma insieme vale la pena tentare.

Martina Signoretti

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