Il ruolo della storia antica nel nazismo e
nel fascismo
L’uso della storia antica come oggetto di propaganda fu di fondamentale
importanza per la realizzazione di una buona base ideologica sia nel regime fascista sia nel Terzo Reich. Per
rendersi subito conto di questa non sempre valorizzata influenza, basti pensare
alla svastica, di cui tutti abbiamo ben chiara immagine, adottata da Hitler come
emblema del suo regime e posta addirittura al centro delle bandiere. Si tratta
di un simbolo universalmente conosciuto nelle culture antiche, dall’Oriente
induista all’Occidente romano, allegoria generale del principio ordinante di tutte le cose e cui
tutte le cose tornano in un divenire eracliteo. Una raffigurazione innocente
per gli antichi, ma che Hitler ha sviscerato arbitrariamente del suo originario
significato, trasformandola per noi nella terribile croce uncinata, segno di
antisemitismo e violenza. Esempio limpido dell’azione nazista sulla storia e i
suoi simboli, quello della swastika
non fu un caso singolo; infatti i due
regimi totalitari presero dalla storia antica tutto ciò che poteva esser loro
utile, attingendo maggiormente dalla storia romana. Benito Mussolini in
Italia istituì un vero e proprio Mito di Roma, che pervase quasi ogni aspetto
della vita dei cittadini. Nel 1922 Mussolini adottò come simbolo nazionale il
fascio littorio, antica raffigurazione del potere consolare, con il chiaro
intento di ricalcare la traccia lasciata dal popolo Romano. Negli anni
successivi il regime si dedicò a integrare nella società italiana del tempo una
innumerevole quantità di simboli provenienti dalla cultura latina,
identificando nella Roma imperiale il riferimento del buon fascista e
investendo Mussolini del titolo di dux.
Nel 1936, dopo la conquista dell’Etiopia, il duce dichiarò resuscitato l’Impero
di Roma e d’Annunzio intravide in questa impresa l’inizio del glorioso destino
a cui gli italiani erano destinati. Importantissima fu la colossale mostra organizzata
in occasione del bimillenario della nascita dell’Impero di Augusto, che oltre a
riunire moltissimi intellettuali provenienti da tutta Europa, riuscì ad accostare
con successo la figura di Mussolini a quella del primo imperatore romano.
Hitler stesso visitò la mostra due volte, rimanendone profondamente colpito.
Benché il Fuhrer fosse invidioso del suo “collega” italiano per la possibilità
di rifarsi ad un così glorioso passato, soprattutto architettonico e militare,
in Germania non fu da meno. Nel Terzo
Reich Hitler, non riuscendo a conciliare l’archeologia con l’idea di
superiorità della razza ariana, procedette ad una vera e propria nazificazione della storia antica. Nelle
scuole veniva insegnato una nuova storia in linea con la propaganda del regime,
professando nella Germania l’origine delle popolazioni che dominarono il
Mediterraneo. La memoria monumentale del passato classico divenne solo il
florilegio dell’intelletto degli uomini che migrarono da nord. Vi era quindi
una ovvia successione naturale ad Atene e Roma, in cui i nemici da affrontare
erano rimasti gli stessi. Pericolosa fu l’idea di origine tedesca secondo cui
la caduta dell’Impero Romano fosse dovuta alla contaminazione del sangue ariano
dei Romani con quello delle altre popolazioni mediterranee. La resurrezione del
canone antico non passa solamente attraverso la grandezza politco-militare di
Roma, ma si realizza anche dalla dimensione filosofico-intellettuale greca. In
tal senso il nazismo si presentava come un nuovo umanesimo che avrebbe
reinventato la paideia greca, formando un uomo nuovo conscio delle sue origini
e della gerarchia tra le razze. Per concludere, si potrebbe dire che la
conquista nazista del mondo non era un fatto puramente geografico, ma passava
anche attraverso una oculata conquista del passato.
Sabbatini Giacomo
Bibliografia:
Salvatori Paola S., Mussolini e la
storia. Dal socialismo al fascismo (1900-1922), Viella, 2016.
Chapoutot Johann, Il nazismo e
l’Antichità, Einaudi Editore, 2017.
Lacoue-Labarthe Philippe, Nancy Jean-Luc, Il mito nazi, Il Nuovo Melangolo, 2013.
Ronchey S. Dalla saggezza al male
assoluto, in “la Repubblica”, 5 ottobre
2015.
Galasso Giuseppe, Storia d’Europa,
pp. 793-811, 840-870, Laterza, 2019
Commenti
Posta un commento